DEIari di un cammino: la Via degli Dei
DEIari di un Cammino
di Mario Cusmai @cous_cous8
La via degli Dei
Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente narcotizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveriDi notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d’ostriche
(T.S. Eliot, Il canto d’amore di J. Alfred Prufock, 1915)
Perché ti stupisci se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso? Ti incalza il medesimo motivo che ti ha spinto fuori di casa, lontano. (Seneca, Epistole morali a Lucilio, frase attribuita a Socrate)
“Prof. Balla: Una volta la gente che doveva attraversare la montagna, prima di farlo si fermava qua e attendeva… Studentessa: Cosa? Prof. Balla: L’incanto… non so chi ha cominciato a chiamarlo così. Era considerato una specie di spirito buono, di protezione, compagno di strada che stava con i viaggiatori fino alla fine dello scavalcamento della montagna. E ora anche noi lo attendiamo. Vedete, io sono nato da queste parti e so riconoscerlo… eccolo, eccolo è con noi: possiamo andare!” (Una gita scolastica, Pupi Avati, 1983)
***
Laura, ormai ottantaquattrenne, ritrova la foto di classe di terza liceo e rivive in una sorta di dormiveglia che prelude alla sua morte, l’emozione onirica di un vissuto speciale della gioventù, al termine dell’anno scolastico del 1914, alla vigilia della Prima guerra mondiale: la gita di tre giorni, concessa in premio alla sua classe, la terza G, la migliore del liceo. Trenta ragazze e ragazzi, guidati dal professore di italiano e accompagnati dalla professoressa di disegno, attraverseranno a piedi l’Appennino da Bologna a Firenze passando per Sasso Marconi e Porretta Terme: è questa la trama di Una gita scolastica, un film realizzato da Pupi Avati nel 1983, in cui l’anziana signora rievoca il più bel ricordo della sua vita. Emerge il format narrativo delle nostre memorie ravvivato dalle immagini in movimento che solo la magia del cinema sa fornire. Sullo sfondo della storia troviamo un Appennino che incanta, come suggerisce il Prof. Balla, custode di segreti e prodigiosi splendori: un meraviglioso viaggio nel tempo alla ricerca di un mondo antico e di luoghi dimenticati da riscoprire e riesplorare.
Un percorso ‘divino’: nascita e ‘ruota panoramica’
Dopo la seconda guerra mondiale, l’espressione “Via degli Dei” era utilizzata per indicare la strada provinciale 59, che nell’Appennino bolognese risale il crinale Setta-Savena e percorre una dorsale i cui toponimi ricordano divinità pagane: monte Adone, Monzuno (Mons Junonis), monte Venere, monte Luario (della dea Luna). Tale nome fu poi adottato, nei primi anni novanta, dagli ideatori del percorso attuale. Circa 122 Km attraverso l’appennino tosco-emiliano; un cammino che si sviluppa in modo variegato su sterrato, tra boschi secolari, affascinanti borghi e viste panoramiche mozzafiato.
Cornici incastonate dalla bellezza della natura sotto la sguardo vigile di nuvole passeggere, che si squarciano nell’abbacinare del sole infuocato d’estate sui prati con aiuole ‘sospese’ di fiori che sembrano sacri diademi. Un tratto che contiene un universo mitologico, in cui i viandanti si trasformano in “imberbi e alati Hermes”, e ci fornisce una chiave di lettura per decifrare il mondo in cui viviamo proprio attraverso le sue cosmogonie, le sue divinità e le sue leggi. Cambiano i colori cangianti dei nostri vissuti perché si modifica la ‘vista’; offre a ogni nuovo passo occhiali nuovi, occhiali che non sempre correggono eventuali difetti dei nostri occhi, anzi, che qualche volta li accentuano, ma sempre ci sfidano a guardare oltre, a indagare ed esplorare. Le lenti di questi dispositivi interpretativi sono celate, come in una caccia al tesoro, fra le pagine dei vissuti esperienziali con il nostro respiro sfidato da salite che sembrano essere infinite.
Gambe in palla e Zaino in spalla: i vissuti del cammino
Un cammino rimane un’esperienza intima, a volte quasi solitaria nella nostra mente in viaggio, ma è anche vero che condividere un percorso del genere insieme ad altre persone non ha davvero prezzo. Da tempo pensavo che io e Paola avremmo ‘funzionato’ bene in un’avventura di questo tipo, in cui siamo esposti agli influssi energetici di massicce dosi quotidiane di vitamina N(atura), che ci avvolge e penetra in noi scorrendo fin nelle ossa; anzi, più a fondo nelle emozioni e nei pensieri.
Ah giusto, che sbadato, non ho fatto le presentazioni!
Paola è una raffinata ed estroversa poetessa, appassionata di cammini e di incontri ravvicinati del ‘quarto tipo’ con la natura. Proprio mentre stavamo salendo sul treno che ci avrebbe condotto a Bologna, affiora un ricordo estroverso dal suo profilo Instagram. Dei versi ‘essenziali’ e di buon auspicio per l’avventura che stava per cominciare.
A Bologna, dopo il check in da Claudia, titolare disponibile e premurosa del B&B Pratello, abbiamo trascorso un pomeriggio afoso tra un passaggio veloce all’eXtraBO per andare a ritirare le credenziali del ‘pellegrino’ e girovagando senza meta per perderci nella bellezza del capoluogo emiliano.
E, ovviamente, battezziamo il nostro primo appuntamento eno gastronomico presso l’Osteria il 15; in attesa di crescentine, tigelle, e altre bontà locali abbiamo ingannato il tempo sfidandoci a suon di ricette a un gioco dell’oca culinario.
Paola mi ha stracciato nella prima manche e nella seconda sono riuscito a ‘strappare’ un pareggio: la sfida per la bella sarà in un’altra occasione.
La mattina seguente cominciamo il Cammino con la prima tappa che prende avvio da Piazza Maggiore, il vivace ‘salotto’ di Bologna; su di essa si affacciano imponenti edifici medievali e la basilica di San Petronio. Piano piano, passo dopo passo, si fa tutto e si arriva ovunque; un po’ come la strategia della lentezza nella pedagogia della lumaca.
Appena attraversata Porta Saragozza, incontriamo un invito mangereccio molto allettante: la prima sosta a suon di rosetta con mortadella.
Il primo dislivello impegnativo lo affrontiamo attraversando il portico di San Luca, il più lungo al mondo, ‘inerpicandoci’ passo dopo passo verso l’omonimo santuario che domina dall’alto della sua posizione la città di Bologna. Qui incontriamo i primi ‘viandanti’ come noi, tra una pausa rifocillante e una ricarica d’acqua per la borraccia; Antonella, camminatrice in solitaria che vive a Roma, Melania e Mosè, coppia ‘spritzante’ di Follonica, e intravediamo Gabriele, infermiere originario di Cuneo sdraiato su una panchina per gustarsi un momento di pace e riposo ristoratore: con loro, e non solo, avremmo condiviso buona parte del cammino soprattutto tra aperitivi e cene condite con scoppiettante e allegra compagnia.
La prima tappa si conclude nei pressi del Monte Adone e pernottiamo nella camerata del B&B sulla via degli dei. La struttura, molto accogliente e curata, è gestita da Francesca e Remo; si avvicina l’ora di cena – avevamo optato per la formula con cena convenzionata per un momento di condivisione con altri “viandanti” – e arriva lui, proprio a ridosso della cena, “Bello bello” come nel testo della canzone di Federico Martelli presentata a Italia’s Got Talent: Edoardo, un 25enne di Vicenza, ultimo ad arrivare e ultimo a prepararsi per ripartire la mattina; d’altronde ognuno ha i propri tempi, il tempo che ci vuole, ed Edo si rivela troppo simpatico nella sua caratterizzazione: anzi, troppo forte!!!
Durante il cammino, oltre nei frangenti mangerecci e ‘gozzoviglianti’, lo incontriamo nuovamente durante la quinta tappa ai piedi del Santuario di Monte Senario.
A proposito, che scenario come si potrà vedere dalla foto che segue con il viale alberato: alberi giganteschi e, sullo sfondo, Paola piccola piccola. I boschi circostanti, la posizione panoramica, l’importanza storica e religiosa lo rendono uno dei luoghi più suggestivi del Mugello.
Edo arriva, “bello bello”, e tira fuori dal suo super zainone, uno dietro l’altra, come fosse un cilindro magico: un trancio infinito di schiacciata, focaccia tipica toscana, riempita con finocchiona, pomodoro e mozzarella; biscotti con pistacchi; crostata con crema pasticciera. Aveva ‘svaligiato’ il forno di San Piero a Sieve e avrebbe potuto allestire un banchetto per rifocillare i pellegrini affamati. Infatti, mi offre generosamente una ‘porzione’ abbondante di schiacciata con quel ben di Dio come farcimento: una goduria orgiastica per il palato.
Il giorno dopo, già colazionati quasi in corrispondenza dell’alba, ci dirigiamo verso la salita per il Monte Adone, straordinario affioramento di arenaria in posizione panoramica che colpì l’immaginazione degli antichi e ancora affascina i viandanti che ne raggiungono la cima.
Durante la seconda tappa, diretti a Madonna dei Fornelli, proprio nel momento più duro, la sosta intermedia a Monzuno sembrava un miraggio; cartelli su cartelli che preannunciavano l’arrivo al paese, ma di Monzuno nessuna traccia.
E allora vai a tutta birra con battute e giochi di parole per riderci un po’ su: a Monzuno non c’è mai nessuno, a Monzuno Monzun dorma, come la celebre romanza per tenore della Turandot di Giacomo Puccini. A Monzuno hanno tutti l’alluce verde!
Ad addolcire i nostri passi, proprio appena giunti a Monzuno, ci pensa Elisa, titolare del B&B Romani, con un delizioso messaggio che si rivela un balsamo per cuore e mente.
Il wa di Elisa
Il cammino è dove il battito cardiaco e il respiro sono in simbiosi… la mente si rasserena nel tempo scandito dalla velocità di un passo. Il vento raffredda il muscolo ma tu continui e…. ascolta il silenzio!!! Lo staff del b&b Romani vi augura un buon cammino.
La cena raccontata è alle ore 19.00
Attendo conferma vs arrivo.
Testa o croce? La preziosa scoperta di due amici per la pelle
Durante la cena raccontata, Elisa oltre a dar conto della qualità dei prodotti primi utilizzati per le succulenti pietanze, narra la suggestiva storia relativa alla scoperta della Flaminia Militare, la storia di due amici fraterni che lei ha conosciuto di persona e che frequentavano gli spazi del B&B.
Alla fine degli anni settanta, il ritrovamento casuale di una moneta romana del III secolo a.C. nei pressi del monte Bastione spinse Cesare Agostini e Franco Cesari, appassionati di archeologia, a iniziare quelle ricerche che, nel corso di trent’anni, permisero loro di individuare il percorso della strada e di riportarne alla luce diversi tratti di basolato splendidamente conservati: La Via degli Dei coincide con la Flaminia Militare per il 65%.
Strada importante perché “consolare”, realizzata dal console Caio Flaminio su mandato del Senato nel 187 a.C., e unica strada romana transappenninica finora conosciuta e ritrovata
La presenza di basolati immersi nelle faggete che li hanno custoditi per più di duemila anni, rende alcuni tratti della Via degli Dei un inestimabile museo a cielo aperto, ripercorrendo e quasi ricalcando i passi marcianti degli antichi legionari romani
Nel 2018 è stato realizzato dal regista Fabrizio Colliva il documentario Due amici, una strada: la scoperta della Flaminia militare. Un racconto di 62 minuti di come, dopo oltre duemila anni dalla sua costruzione, grazie all’impegno di Agostini e Santi è tornata alla luce la strada semi scomparsa nei secoli, costruita sui crinali dell’Appennino dai legionari romani del Console Caio Flaminio per collegare le città di Bologna e Arezzo.
L’incontro con “Gandalf il Grigio”
La terza tappa per il Passo della Futa è magica, quasi fiabesca, immersi fin dai primi momenti in un ambiente che ricorda la fiaba di Hänsel e Gretel, ma senza la presenza della terribile strega. Un bosco che in pochi frangenti sfuma e si trasforma in foresta, in cui una fitta vegetazione si estende a perdita d’occhio: abbracciare e lasciarsi andare nell’oscurità per poi ritrovare la luce. Tra conifere e succulenti fragoline di bosco, incontriamo Marco Gollini, persona amante della storia romana e curioso appassionato, che ci viene incontro con un bastone come supporto per scandire il ritmo cadenzato dei propri passi; sembra una sorta di Gandalf in ‘borghese’, lo spirito della montagna, un po’ come l’incanto, lo spirito buono citato in apertura con l’estratto di Una gita scolastica.
Nella sua biografia su J.R.R. Tolkien, Humphrey Carpenter descrive un dettaglio riguardo a un viaggio dell’autore in Svizzera nell’estate del 1911, nel quale avrebbe preso l’ispirazione del personaggio dopo aver acquistato una cartolina intitolata Der Berggeist
«Prima di tornare in Inghilterra, Tolkien acquistò alcune cartoline illustrate, tra cui la riproduzione di un quadro di un artista tedesco, Josef Madlener. Il suo titolo è Der Berggeist (“Lo spirito della montagna”) e raffigura un vecchio con una lunga barba bianca seduto su una roccia sotto un pino, con indosso un cappello rotondo a tesa larga e un lungo mantello. […] Tolkien conservò questa cartolina con ogni cura, e molto tempo dopo scrisse, sul frontespizio della cartellina in cui la conservava, “Ispirazione di Gandalf”»
Per Marco siamo i “viandanti del turismo lento” e ci ‘scorta’ (e ci racconta) per una parte della tappa, quasi in prossimità del confine che sancisce il passaggio della soglia dall’Emilia alla Toscana; proprio grazie all’itinerario narrativo, mentre passeggiamo sui tratti di basolato romano in sua compagnia, si aggregano, oltre a Gabriele, Sandra, Daniela, Valeria, un fantastico trio di amiche veronesi ben assortite: Daniela scoppiettante, Valeria gioiosa e Sandra saggia osservatrice… la “compagnia dell’anello” si allarga ancora una volta.
Le avremmo incontrate nuovamente il giorno dopo, insieme ad Antonella, Gabriele, Edo, Katia, Marta, Melania e Mosè, per organizzare un’estemporanea e numerosa tavolata presso l’Osteria all’Aglione, delizioso ristorantino in San Piero di Sieve.
Daniela, nel corso della cena, mi stuzzica, invitandomi a buttarmi con Paola e mi propone anche eventuali strategie e tattiche da mettere in campo: tra l’imbarazzato e il divertito sarò diventato rosso come i pici all’aglione che stavo lentamente gustando.
Durante il Cammino, io e Paola, abbiamo sempre preso camere doppie con letti singoli (tranne la camerata del B&B sulla Via degli Dei). è ‘incredibile’ come i letti, ma solo questi ultimi, nelle ultime due notti (Bivigliano e Firenze), si siano progressivamente avvicinati; di stanza in stanza hanno colmato le distanze trasformandosi in due singoli che si sfioravano, quasi facessero parte di un’illusione realizzata da David Copperfield in uno dei suoi incantati spettacoli di magia.
Tornando alla terza tappa, ‘tocchiamo’ a Poggio delle Banditacce il punto più alto della Via degli Dei, 1204 m, autorizzati a suonare la campana per sancire il traguardo raggiunto.
Nelle immediate vicinanze del passo della Futa riposano circa 30.800 soldati tedeschi caduti sulla Linea Gotica. La costruzione del Cimitero militare germanico occupa un’intera collina e assume la forma di una lunga spirale in cemento, che sale creando delle terrazze dove sono ospitate le tombe, e termina con un’irta parete che si staglia contro il cielo.
La visita al cimitero è stata molto struggente. La prima tomba su cui cade l’occhio appartiene a un ragazzo nato nel 1926 e morto nel 1944: allora come oggi, a soli 18 anni mandato in guerra a morire.
Per la notte ci sistemiamo presso il Camping la Futa, una vera oasi di pace! Ci accoglie Alessandra, dall’animo naif e un po’ ‘pazzerello’, che ci osserva un po’ perplessa e dubbiosa: ai suoi occhi non sembriamo viandanti della Via degli Dei, forse perchè ci vede troppo riposati e rilassati!!!
L’ultima frontiera di un percorso democratico: il bisogno di ‘umanità aumentata’
L’indomani, mentre lasciavamo il Camping sbagliando direzione con Alessandra che ci rincorreva per riportarci sulla ‘retta via’, Paola mi propone delle riflessioni preziose: il percorso democratico in cui ti immergono i cammini. Siamo tutti uguali, pari, non ci sono differenze anagrafiche che tengano e non emergono diversità di status e ruoli sociali, background socio economici.
Come l’aneddoto raccontato da Francesca del B&B sulla Via degli Dei, sulla signora tedesca di 82 anni che appena conclusa la tappa, dopo essere giunta presso la struttura ricettiva, si è messa a cucinare per otto persone e ‘non soddisfatta’ al termine della cena si è messa pure a lavare le stoviglie: sono passati quattro anni e l’ha incontrata ultimamente, ancora su la via del cammino… 86 anni e non sentirli. Oppure Giuseppe, il distinto signore che ho incontrato la prima volta nel 2017 a Bormio, e rivisto proprio pochi giorni fa; compirà 81 anni a fine anno e insieme abbiamo percorso un paio di trekking, di cui uno impegnativo a Bormio 3.000 tra i bei laghetti e i laghi di Profa.
Il camminare insieme ci unisce in maniera viscerale e ognuno avanza con il proprio stile e ritmo. Non sarà un caso, forse, che nel tratto boscoso della tappa per San Piero a Sieve, abbiamo trovato come fossero tavole incise dal divino, pietre ‘miliari’ su cui erano riportati alcuni articoli della nostra Costituzione (artt. 2, 3, 4, 32).
Il cammino inteso come l’ultimo avamposto di una democrazia espressa in modo pieno, verso la costituzione di eserciti di pace, di umanità aumentata con lo zaino in spalla.
E poi camminare immersi nelle bellezze della natura ci fa bene: diminuisce il cortisolo (l’ormone dello stress) e promuove un maggiore ‘rilascio’ di dopamina, l’ormone della gratificazione emotiva. “Motion creates emotion” affermano Paul Ekman e Robert Levenson, il movimento ha un effetto sulla neurogenesi, che si concentra specialmente sul sistema dopaminergico; in pratica aumenta la produzione di cellule dedicate alla sintesi di questo neurotrasmettitore, che non agisce solo sul tono dell’umore, ma permette anche un incremento del controllo dei movimenti.
Attraverso il cammino giungiamo, grazie a ogni singolo passo, in luoghi che non potrebbero essere raggiunti altrimenti: un esercizio di consapevolezza personale in chi sa di poter contare solo sulle proprie forze, solo su di sé. In questa condizione cambiamo progressivamente la nostra prospettiva in relazione alla visione del mondo, perché partiamo da un certo livello altimetrico per giungere a un altro dislivello tra sali e scendi senza soluzioni di continuità quasi fossimo su ‘montagne russe’ naturali, in grado di smuovere emozioni, attitudini e consapevolezze differenti.
E in questo bailamme, la pratica del silenzio, almeno all’inizio, può sembrare ostica e per certi versi farci sentire soli. Ascoltare in modo selettivo e globale i ‘rumori’ della natura, accompagnati dalla cadenza ritmata dei nostri passi, ci permette di assaporare ogni singolo momento e movimento. La condizione essenziale per sentire il richiamo della bellezza è il silenzio, ma nella nostra testa è costantemente accesa una radio, sintonizzata su NST, radio non stop thinking, un incessante pensare che dobbiamo imparare a spegnere.
Proseguendo con il Cammino, incontriamo sulla nostra strada la macabra storia dell’osteria bruciata nell’omonimo passo.
Poi scegliamo la variante per il Bosco ai Frati… mai scelta si rivelò più fallace (vedi Bugiardino alla fine del racconto) se non fosse per la possente bellezza della quercia secolare che abbiamo incontrato nei pressi di Galliano.
A San Piero A Sieve, pernottiamo presso il B&B La Pieve, una locanda per viandanti in cui ci siamo sentiti come fossimo riparati dal nostro focolare domestico.
Ci avviciniamo progressivamente alla ‘meta’ del nostro viaggio! Nella penultima tappa per Vetta Le Croci, ci fermiamo a Bivigliano, una bomboniera, e troviamo posto a Casa Bartolacci, casa vacanza molto curata da Beatrice, la fantastica padrona di casa. Inoltre troviamo una graditissima sorpresa: anche Antonella ed Edo avrebbero pernottato lì con noi.
L’ultima tappa sembra infinita, forse come tutte le parti finali di un percorso: tra la voglia di arrivare e il desiderio che non finisca mai! Seguiamo la via vecchia fiesolana, in una progressiva discesa che ci avrebbe condotto a Piazza della Signoria, centro della vita politica e sociale della città fin dal Mille e Duecento, contornata da Palazzo Vecchio, dalla Loggia della Signoria e da splendidi edifici medievali e rinascimentali.
Di pomeriggio, grazie alla gentilezza del personale della Fondazione Zeffirelli, riesco a portare Paola e Gabriele ad ammirare la spettacolare Sala della Musica. L’avevo scoperta a fine aprile, nell’ambito della presentazione del volume l’Insuperabile è imperfetto che narra le ‘gesta’ sportive e le storie personali degli atleti della FISPES.
La sera, anche insieme a Gabriele, ci regaliamo una succulenta cena a base di bistecca alla fiorentina presso l’Antico Ristoro Cambi, ristorante vicino a un magico locale: il Santa Rosa Bistrot.
Qualche ora prima, mentre attendevo Paola sugli scalini della Loggia, faccio conoscenza con Consuelo, motore di un meraviglioso progetto chiamato Joy of Florence.
Consuelo è una guida per bambini specializzata in itinerari e percorsi culturali che si sviluppano attraverso il gioco (come la caccia al tesoro), in analogia con le avventure grafiche degli anni ‘90, in stile Day of Tentacle. Gli itinerari giocosi proposti da Consuelo piacerebbero sicuramente alla mia amica Lucia Berdini!
Perché giocare è come viaggiare verso luoghi sconosciuti, densi di scoperte e di spazi di possibile condivisione. Luoghi sconosciuti per rallentare e accedere con rinnovato vigore alle fonti naturali del nostro Gioco. E allora partiamo, con entusiasmo rinnovato, verso mete che ancora non conosciamo: perché invecchia solo chi smette di (viaggiare) giocare!
Percorsi che si mettono in risonanza con il nostro cuore, come le parole ‘incise’ nel cuore di Consuelo: “Scava sotto i tuoi piedi e lì troverai la sorgente”.
Come la sorgente-cuore rosso scovata (scavata?) al principio di questo Cammino, mentre ‘scalavamo’ la sfiancante salita del portico di San Luca.
E poi, con diversi intermezzi, a Firenze nei pressi della Basilica di San Miniato al Monte… a Firenze come ad Ascoli Piceno.
“Ogni creatura vivente ha un cuore. Le più fortunate riescono a prendersene cura senza farci caso, con la facilità con cui respirano; altre invece sono più impacciate, come se del cuore che è toccato loro in sorte sentissero il peso, e dovessero impegnarsi un po’ di più, per farlo funzionare come si deve.” (Da Pinna Morsicata di Cristiano Cavina)
DEIari di un cammino perché, aldilà del gioco di parole, in questa esperienza si intreccia il Cammino della vita e si uniscono alcuni dei puntini rimasti in sospeso.
Come suggerisce Steve Jobs nel celebre discorso del 2005 ai neolaureati dell’Università di Stanford, “non è possibile ‘unire i puntini’ guardando avanti; si possono unire solo a posteriori, guardando indietro. Pertanto bisogna aver sempre fiducia che i puntini in qualche modo, nel vostro futuro, si uniranno. Dovete credere in qualcosa: il nostro ombelico, destino, vita, karma, qualsiasi cosa”.
Una escursione esplorativa in cui la torcia per illuminare angoli e spazi bui non è rivolta verso l’esterno, ma nella direzione dei nostri moti interiori. Il cammino si trasforma in un processo di presa di distanza da noi stessi e una contemplazione riflessiva del nostro modo di essere e vivere. Abbiamo la possibilità di modificare il nostro paesaggio interiore esattamente come, passo dopo passo, osserviamo il mutamento di quello esteriore. Non la meta, ma il viaggio stesso, nella consapevolezza del respiro che scandisce la meccanica dei passi e nella contemplazione del mutamento della flora e della fauna che osserviamo intorno a noi. Il cammino si tramuta in uno dei criteri per interpretare la nostra vita interiore, esaminare i momenti e i cambiamenti che hanno contraddistinto la nostra esistenza.
Un viaggio in cui contano le gambe, ma che coinvolge anche la mente come il cuore, la psiche come i polmoni.
Si intessono quindi le multiformi trame esperienziali del cammino della vita, che vanno a comporre il percorso imprevedibile di un dedalo, un andirivieni intricato di passaggi in cui si può facilmente perdere l’orientamento, come tra i labirintici vicoli di Ortigia.
A metà giugno, qualche giorno prima di cominciare l’avventura de La Via degli Dei, mi trovavo a Siracusa per andare a vedere insieme a una coppia di amici l’Edipo Re al teatro greco.
La sera andiamo a cenare a Ortigia, presso la Tavernetta da Piero.
Accomodati nella sala interna del ristorante, alle mie spalle il grande televisore a schermo piatto comincia a trasmettere, proprio quando ci mettiamo seduti e per tutta la nostra permanenza, un documentario in soggettiva, realizzato con una gopro, in cui il “film maker protagonista” gira in lungo e in largo per tutti i sei sestieri di Venezia: Cannaregio, Santa Croce, San Polo, Dorsoduro, Castello e San Marco. Sono a Siracusa, nel profondo sud Italia, e mi trovo nuovamente immerso tra le calle veneziane, luoghi che mi stanno particolarmente a cuore. Dal tavolo vicino si avvicina un bimbetto di due anni che comincia a tirare qualche pedata alla sedia di Andrea. Vedo che sta masticando qualcosa e gli chiedo cosa stesse mangiando; lui, con la spontaneità amorevole che solo i bambini sono in grado di esprimere, si toglie dalla bocca un pezzettino di pesce e me lo porge con la mano in segno di offerta, come fosse una sorta di rito condiviso. A questo punto interviene la mamma e le chiedo quale sia il nome del bimbo: “lo chiamiamo ‘Cesco’, ma si chiama Francesco”. Lo stesso nome di mio fratello e alle mie spalle le immagini della Serenissima, contesto diventato per me sacro.
A distanza di circa due settimane, siamo a Bivigliano e il giorno dopo avremmo concluso il cammino raggiungendo piazza della Signoria. La sera, io e Paola, ceniamo insieme ad Antonella, Edoardo, Melania e Mosè presso La Locanda. Quando arrivo, noto appoggiato sopra un tavolo tondo la sagoma di un grande Budda incelofanato; si tratterà di un’opera d’arte, pensavo tra me e me. Nel corso della serata, il tavolo si popola di donne e uomini che indossano la stessa maglietta gialla e un posto è riservato proprio al Budda: seduto in mezzo a loro con una bottiglia di vino in grembo. Penso a una goliardata, ma grazie a Melania, incuriositasi di questo ‘pittoresco’ quadro, vengo a sapere che si tratta di una squadra mista di pallavolo (tra Emilia e Toscana ce ne sono diverse) e il Budda contiene le ceneri di un loro amico e compagno di squadra morto lo scorso anno. Si tratta di una serata celebrativa, di un rito che avrebbero portato a compimento il giorno dopo attraverso la sepoltura in uno dei sentieri boscosi. E di fronte al Budda, una giovane donna con un bambino piccolo che cullava tra le braccia: la sua compagna con il figlio che non ha mai conosciuto.
Budda predicò camminando, poiché nel corso della sua esistenza terrena ebbe modo di girovagare per l’India, toccando diverse località e vi sono ancora vari “stupa” (oggetto di pellegrinaggio) che ne ricordano i momenti più significativi; una vita itinerante, basata sul movimento e indirizzata verso l’armonia degli esseri senzienti nei confronti della natura e dell’universo nel suo insieme.
In pochi frangenti ho rivissuto alcuni importanti fotogrammi di un ‘film’, riavvolgendo la pellicola a due anni prima quando ad Agosto del 2020 ho disperso le ceneri di mio fratello, alla presenza di persone a lui e a me care, tra Punta della Dogana, la Giudecca e l’isola di San Giorgio Maggiore sotto la sguardo fiero di San Marco Evangelista nella forma di leone alato in piazza San Marco: un cimitero a cielo aperto.
è proprio vero che siamo molto più vicini di quello che possiamo immaginare. Quante sono le storie e i vissuti personali che ci accomunano e legano l’un l’altro attraverso un sottile filo invisibile; non li vediamo perché non lo sappiamo finché non andiamo oltre le apparenze, oltre i pregiudizi, oltre gli stereotipi che aumentano inesorabilmente le distanze e annullano un dialogo condiviso mai davvero avviato.
«Imperscrutabili e colmi di fascino sono i modi in cui si legano le persone. Gli insegnamenti del Buddha sono ciò in cui ci si imbatte»
È l’enigma dei legami, che si creano misteriosamente tra le persone anche molto diverse. I legami sono ciò che è poco familiare, quanto possiede il fascino della profondità. Ciò di cui vorremmo sapere di più e meglio, sempre meglio. Sono le persone con cui le conversazioni non si esauriscono e con cui, anche ad affrontare lo stesso argomento, rimane sempre qualcosa di nuovo da dire, moltissimo da sentire. L’insegnamento del Buddha è “ciò di cui vieni a conoscenza attraverso l’incontro”, ciò che puoi comprendere anche per caso, qualcosa che non puoi cogliere anche studiando da solo. Accettare il mistero degli incontri. Aprirsi a ciò che verrà. Tessere le ‘tele’, come il termine indicato da Jacob Levi Moreno per cementare unione e legami tra le persone.
“…chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili” (Italo Calvino, Lezioni americane, Molteplicità)
Al termine di questo percorso, tassello tra i tasselli del grande mosaico della vita, ringrazio Paola, la mia compagna di viaggio, vispa folletta dei boschi con il suo curioso sguardo attratto, come una calamita, dalla spontaneità delle infinite forme che solo la natura sa creare. Un’intrigante complicità, arricchita da risate a crepapelle, come quando abbiamo sperimentato la risata con le vocali, attività mutuata dallo Yoga della Risata; o quando ci siamo sganasciati durante la colazione nell’“albergo” di Firenze, che era la versione demenziale di un ‘mix cinematografico’ e crossmediale tra Misery non deve morire, Silent Hill o Non aprite quella porta… la ‘potenza’ delle contaminazioni. Ma il ‘meglio’ di sé lo dà quando racconta aneddoti e storielle che la divertono fino al midollo. Ecco, è proprio allora che il suo viso cambia espressione, si addolcisce con leggiadra leggerezza, ed emette una vocina acuta, quasi stridula, ma allo stesso tempo magica… la stessa magia improvvisa che esprimono fate e folletti del bosco.
«Michikusa 道草 è il vagabondare, passeggiare senza meta. Fare anzi, della meta, un concetto secondario. È assemblata in questa parola la via (michi 道) e l’erba (kusa 草), a significare quei germogli spontanei che spuntano sul ciglio delle strade. L’antica locuzione che la vede protagonista, ovvero michikusa wo kū 道草を食う (letteralmente «mangiare l’erba al lato delle strade»), proviene dalle soste provocate dal cavallo che, per cibarsene, finiva per ritardare il viaggio. Quegli arresti non programmati, l’indugiare in posti non pianificati, facevano sì che chi viaggiava in groppa all’animale si attardasse: perdesse tempo e insieme guadagnasse esperienze inaspettate. […] Così l’inizio di un viaggio, uno riuscito – nel senso di qualcosa che ci ha tolto di dosso qualche peso e ce ne ha aggiunto uno nuovo, che ha risposto a qualche domanda ma ce ne ha fornite tante altre – è un inarrestabile cambiare, non solo del proprio modo di vedere, ma anche del luogo verso cui si è diretti.
Non avere fretta di arrivare! Raggiungere la meta è davvero poca cosa.
Né sottrarsi alla scomodità dell’imparare, né la gioia di fallire e di trovare un’altra gioia, un poco dietro il dispiacere. Non è giusto neppure privarsi del rammarico iniziale del perdere la strada. Si sarà risarciti da memorie nuove, e molto care.» da «Wa, la via giapponese all’armonia» @tea.libri e @vallardi_editore
Bugiardino con – poche – controindicazioni
Nel corso della prima tappa vi imbatterete nel ‘cartello’ che segue. Ringraziando immensamente chi cura con grande dedizione e passione la manutenzione del percorso, suggerisco di rendere maggiormente efficace il messaggio: più che un’indicazione, appare come un rompicapo da risolvere per la progressiva uscita da una escape room. Io e Paola ci siamo sentiti un po’ come Indiana Jones in questo ‘ardito passaggio-ponte’.
il Castello del Trebbio, patrimonio Unesco dal 2013, non è più visitabile (almeno quando ci abbiamo provato noi: giugno 2022). Il Castello è in mano agli eredi del precedente proprietario, deceduto nella scorsa primavera.
La variante per Bosco ai Frati (4° tappa) non è di 2 km come scritto nella guida – Terre di Mezzo Editore – ma 4 km, come indicato nella segnaletica che comunque riporta una tempistica inverosimile (45’). Inoltre, il percorso (siamo nella conca del Mugello) è particolarmente esposto al sole: se è una giornata particolarmente calda, come quella che abbiamo vissuto noi, può essere alquanto faticoso. Arrivati al complesso religioso di Bosco ai Frati, abbiamo trovato chiuso: santo custode, appena arrivato in macchina, che ci ha dato due bottiglie di acqua Panna per dissetarci.
Fonti
Carnevali A., Via degli Dei la Guida Completa: La guida più flessibile per andare da Bologna a Firenze a Piedi, 2022
Frignani S., Guida alla Via degli Dei. Da Bologna a Firenze e ritorno, Terre di Mezzo Editore, Milano 2022
Kagge E., Il silenzio, Eianudi, Torino 2017
Kagge E., Camminare. Un gesto sovversivo, Einaudi, 2018
Meditare camminando, Edizioni Riza, Milano
Shane O’ Mara, Camminare può cambiarci la vita, Einaudi, Torino 2020
Thich Nhat Hanh, Il dono del silenzio, Garzanti, Milano 2015
Walton S., Luoghi per guarire, Ponte alle grazie, Milano 2022
https://instagram.com/estro_verso_?igshid=NWRhNmQxMjQ=
https://www.ilsole24ore.com/art/la-via-dei-AEHOZ1eB
https://hemingwayeditore.files.wordpress.com/2019/09/n.94_settembre19_bassadef.pdf
https://it.wikipedia.org/wiki/Una_gita_scolastica
https://www.millionaire.it/il-discorso-di-steve-jobs-ai-neolaureati-di-stanford/
https://www.indafondazione.org/wp-content/uploads/2022/06/corriere-della-sera_edipo.pdf
https://www.treccani.it/vocabolario/dedalo2/
https://it.wikipedia.org/wiki/Dedalo
https://lotr.fandom.com/it/wiki/Gandalf
https://it.wikipedia.org/wiki/Gandalf
https://www.youtube.com/c/TheWalkingNose
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Avventura_grafica
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Avventura_testuale
https://it.wikipedia.org/wiki/H%C3%A4nsel_e_Gretel
https://www.psicolab.net/lo-psicodramma-parte-ii/
https://www.treccani.it/enciclopedia/ermes/
https://www.youtube.com/watch?v=cqvzUr3d5Qo
Mario Cusmai, MTa® experiential learning facilitator, Teacher di Yoga della Risata® e LEGO® SERIOUS PLAY® facilitator, Dottore in Scienze dell’Educazione degli Adulti e Formazione Continua, appassionato di apprendimento esperienziale, giochi cooperativi, magia comica, di Cammini e trekking.
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DEIari di un Cammino di Mario Cusmai La via degli Dopo la seconda guerra mondiale la “Via degli Dei” era utilizzata per indicare la strada DEIari di un Cammino di Mario Cusmai La via degli Dopo la seconda guerra mondiale la “Via degli Dei” era utilizzata per indicare la strada
DEIari di un cammino: la Via degli Dei