Il Pensiero Epico – Epic thinking story deck
di Mario Cusmai @cous_cous8
Rubrica: Unlock Learning Through Play #4
… forse tutti i draghi delle nostre vite sono principesse che stanno solo aspettando di vederci, per una volta, belli e coraggiosi. Forse ogni cosa terribile è, nella sua più profonda essenza, qualcosa di indifeso che vuole aiuto da noi. (Raine Maria Rike)
“Innsæi” è un’antica parola islandese che esprime un ventaglio polisemico. Può significare “il mare dentro” che rappresenta la natura sconfinata del nostro mondo interiore, un universo in continua evoluzione di sentimenti, percezioni e immaginazione che va oltre il linguaggio verbale. Può voler dire “per vedere dentro”, conoscere se stessi, conoscerci ‘abbastanza’ bene per essere in grado di entrare in connessione con le altre persone. Infine, può significare “vedere da dentro“, l’equivalente di avere una bussola interiore per orientarsi e addentrarci in una realtà appartenente a una galassia dinamica.
Innsæi – Il potere dell’intuizione, docufilm del 2016
Marina Abramović, celebre artista per le sue performance, ci insegna che “per creare qualcosa di nuovo gli esseri umani hanno bisogno di accettare il fallimento e andare verso l’ignoto”; una forma di conoscenza diretta, di un sapere fluido con il sapore di sfida non spiegabile a parole, che si rivela per lampi improvvisi e ci immerge in un viaggio trasformativo. A riguardo, Donata Fabbri & Alberto Munari ci suggeriscono che “se ci si sente responsabili e protagonisti in prima persona del nostro ruolo di individui che costruiscono elementi di conoscenza, il rapporto con il sapere diventa più avventuroso, leale e forte: diventa epico. Una cultura epica è una cultura che privilegia i valori dell’ascolto, del coraggio, dell’amore. Ma tu, lo sai cos’è il pensiero epico?”
Il Pensiero Epico
Se riflettiamo sulla parola “epico”, ci potrebbero ritornare in mente immagini, connessioni e ricordi: ad esempio, l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide. E, se “osiamo di più” sulla base delle nostre premesse culturali, ecco emergere come d’incanto l’epica dei Nibelunghi delle saghe nordiche, o di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda (e Mago Merlino), o ancora L’Orlando Furioso e La Gerusalemme Liberata; senza dimenticare poi i celebri eroi epici: Ulisse, Enea, Sigfrido o il valoroso Lancillotto.
Merlino incorona Semola (Re Artù), La spada nella roccia, 1963
Chi ha poi approfondito in modo significativo la storia antica, potrebbe raccontarci storie intorno ai Sumeri e ai Babilonesi, a cui si devono i primi testi epici ritrascritti, di circa 1.200 anni a.C., e dell’Epica del Re sumero Gilgamesh risalente al 2.500 a.C., che narra delle sue avventure per la ricerca dell’immortalità, e poi ancora l’epica indiana del Mahabharata. Che storia lunga e densa di avventure pregnanti quella dell’epica, trasversale a differenti contesti culturali! Storia custodita nella stessa radice etimologica del termine: épos in greco, infatti, significa parola, racconto, narrazione.
Le sirene e Odisseo. Stámnos attico a figure rosse rinvenuto a Vulci – V secolo a.C. (British Museum)
Il pensiero epico si declina in un’attitudine coraggiosa, che non esita a intraprendere percorsi inesplorati se vi intravede la possibilità di nuove invenzioni, scoperte e punti di vista. Accetta volentieri la sfida di suggerimenti inattesi, di contraddizioni inaspettate, di momentanee “erranze”, perché è consapevole che la costruzione della conoscenza è il più delle volte frutto di spiazzamenti cognitivi (Fabbri, 2004) che sorprendono le abitudini consolidate. Il suo stato d’animo costante è quello della ricerca continua, guidata da un’insaziabile curiosità verso ogni aspetto della vita, sia interiore che manifesto, verso ogni forma che un qualsiasi evento potrebbe prendere, senza mai accontentarsi di ciò che sembra ovvio o poco degno di attenzione. Il Pensiero Epico ama il viaggio: è un instancabile viaggiatore, attratto dal diverso e dall’insolito, pronto a esplorare nuove visioni, modi di pensare, concetti, “regole”, culture, persone e paesaggi con occhi sempre meravigliati e mai prevenuti o giudicanti.
Per rimanere in tema di “viaggio”, appare molto coerente il legame epico con gli studi di Joseph Campbell, antropologo e studioso di mitologia che, nel suo famoso testo L’eroe dai mille volti, mette a confronto una miriade di racconti e leggende di tutte le epoche e culture, scoprendo l’esistenza di una ‘trama-archetipo’, di un ‘mono-mito’ che accomuna, in modo universale, tutte le narrazioni analizzate. Le attività di ricerca realizzate da Campbell sono state finalizzate a suggerire connessioni tra lo studio della mitologia comparata e la psicologia analitica. In particolare si è ispirato a Jung, che aveva riscontrato la presenza di figure archetipiche nell’inconscio collettivo. Questi archetipi condividono la struttura della maggior parte dei miti di tutte le culture del mondo. Dietro il mito Campbell ha individuato quattro possibili funzioni:
- metafisica (che risveglia un senso di meraviglia davanti al mistero dell’essere);
- cosmologica (che espande la forma dell’universo);
- sociologica (che conferma e sostiene l’ordine sociale esistente);
- pedagogica (che guida l’individuo attraverso i vari stadi di passaggio della propria vita).
Pertanto, i mille volti dell’eroe sarebbero solo infinite variazioni dello stesso modello, sia che si tratti di Parsifal, sia che si tratti di Re Artù, oppure di Ulisse o anche di Luke Skywalker protagonista della saga di Guerre Stellari. Anche Vladimir Propp, nel suo lavoro Morfologia della fiaba, individua una omogeneità strutturale presente in tutte le fiabe, articolata nello schema di sintesi che segue:
- equilibrio iniziale – inizio;
- rottura dell’equilibrio iniziale – movente o complicazione;
- peripezie dell’eroe;
- ristabilimento dell’equilibrio – conclusione.
Lo “schema compositivo” realizzato nel 1928 dallo studioso russo di fiabe popolari è molto più articolato, costituito da 31 unità, le cosiddette “funzioni”: costituiscono punti cardine all’interno della narrazione e rappresentano quelle unità che contribuiscono a far progredire il processo narrativo dell’intero racconto.
Luke insieme al maestro Jedi Yoda, durante il suo apprendistato. Star Wars – Episodio V, L’Impero colpisce ancora, 1980
Christopher Vogler, sceneggiatore statunitense di Hollywood, influenzato dagli studi di Campbell, approfondisce la struttura del mito per renderlo fruibile a scrittori di narrativa e di cinema. I miti sono qualcosa di cui la gente ha bisogno, momenti chiave di passaggio tra i molteplici “stadi” della vita, racconti che segnano e in qualche modo indirizzano i nostri percorsi e vissuti esperienziali. Ogni racconto presenta quindi degli elementi universalmente rintracciabili nel viaggio di un eroe ed è possibile tracciare una sorta di atlante dei comportamenti di un eroe: una mappa per il suo viaggio di trasformazione, una sorta di ‘schema narrativo canonico’, articolato in 12 tappe, che attraversa le narrazioni e le culture di tutti i luoghi e di tutti i tempi riportato nell’immagine che segue.
Dopo questa opportuna digressione con un focus sul “viaggio”, una sorta di ‘learning journey’, torniamo alle caratteristiche distintive che connotano il Pensiero Epico: è la passione del pensare, il piacere del ragionare, la gioia dell’immaginare e dell’invenzione creativa che supportano ogni passo di quest’attitudine mentale che, pur muovendosi nell’ambito dell’astratto, non perde mai di vista il proprio funzionamento incarnato nella vita di tutti i giorni. Elementi comuni, in coerenza con le riflessioni sopra riportate sullo schema narrativo canonico, che la storia plurimillenaria ci ha tramandato; la sfida, la ricerca, il viaggio e la passione costituiscono le dimensioni significative che strutturano il procedere progressivo del Pensiero Epico. Un pensiero incentrato su una galassia di “possibilità”, aperto e dinamico. L’attore protagonista che incarna il Pensiero Epico è quindi, secondo la tradizione della narrazione e del romanzo epici, l’eroe. Il termine, di solito, è utilizzato per descrivere un individuo capace di azioni particolarmente coraggiose, sprezzante del pericolo, che spesso mettono a repentaglio la sua vita. Le caratteristiche dell’eroe, declinate in questo modo, sembrerebbero destinate a essere per pochi eletti e non certo sempre evidenziabili nel quotidiano. Tuttavia, il comportamento eroico non si confonde completamente con il comportamento epico. Secondo Amietta & Magnani (1998) l’eroismo esige concentrazione soggettiva su se stessi e sull’azione eroica, che rimane comunque eroica anche se non dovesse riuscire a perseguire il fine che si è data. L’eroe è intensamente solo; l’attitudine epica, invece, comprende due tratti distintivi: l’importanza dell’agire collettivo e il superamento della soggettività. Gli eroi epici rappresentano eroi diversi (Brecht chiamava addirittura l’eroe epico, “anti-eroe”) e ciò che muove l’eroe epico non si compone solo di attitudini e gesta smisurate e personali; sono eroi immersi soprattutto in una dimensione sociale, che hanno al loro fianco le altre persone. Attraverso questa portata epica l’Io diventa il Noi – si passa dal cartesiano cogito ergo sum, al “costruttivista” cogito ergo sumus – e l’agire può concretizzarsi anche in quello della quotidianità: la famiglia, l’ambiente di studio e/o di lavoro, i luoghi creativi e ricreativi, i viaggi. Anche l’eroe epico conosce la solitudine, ma è quella necessaria nei momenti che richiedono scelte responsabili, quella del non ricercare solo i cammini già percorsi dagli altri o le ricette già sperimentate. Lo stesso Campbell (1990) ci ricorda, con un’immagine evocativa, che l’eroe epico, come ad esempio quelli incarnati dai Cavalieri della Tavola Rotonda, entra sempre nel bosco dove esso appare più fitto e dove non è visibile un sentiero ben delineato, perché questo ambiente costituisce una “prova” in cui troverà non solo ciò che cerca, ma anche se stesso, scoprendo progressivamente le proprie potenzialità uniche e irripetibili: una raffinata metafora di come l’accettazione delle prove e delle sfide che la vita ci propone diventa motivo di arricchimento personale dal punto di vista cognitivo e relazionale.
Ecco allora che tutti noi possiamo sentire di appartenere al Pensiero Epico se condividiamo tali principi, utilizzando quest’attitudine e le modalità operative correlate nelle più svariate situazioni; ogni volta che impronteremo la nostra vita all’accettazione delle sfide che ci si presenteranno, alla ricerca insaziabile di possibilità e opportunità, all’esplorazione di mondi interni ed esterni a noi e all’entusiasmo di esistere comunque e di avere qualcosa da dire di nostro e di unico nel corso delle esperienze che realizziamo. Anche perché la svolta (breakthrough) può essere appena ‘dietro l’angolo’, quando meno ce lo aspettiamo: quando attraversiamo la sfida e restiamo con i vissuti emotivi che emergono. L’attitudine epica è una modalità di pensiero che esprime apertura e ottimismo: ne abbiamo un gran bisogno, come delle storie d’altronde, oggi in particolare in un’era che esprime forme di “pessimismo cosmico” e che si trova ad affrontare problemi complessi che richiederebbero ipotesi di soluzione sistemiche.
Il gioco con le “carte epiche”
Si tratta di 40 carte, organizzate in 4 gruppi, più 2 carte di sintesi che le riassumono e le nominano, che sono funzionali a essere riconosciute immediatamente da chi propone il gioco: riconoscimento facilitato anche dal fatto che ogni gruppo di 10 carte fa riferimento a una sfumatura particolare di colore. Il mazzo di carte, che comprende immagini della fotografa e illustratrice Elena Parisi, è stato realizzato e confezionato dal punto di vista metodologico da Donata Fabbri e Alberto Munari, psicologi ed epistemologi, nell’ambito del LEO® (Laboratorio di Epistemologia Operativa).
Il laboratorio si colloca nell’espistemologia costruttivista, che considera la conoscenza come la risultante di un processo di costruzione condivisa tra il soggetto che conosce e il contesto sociale che l’accoglie. L’epistemologia operativa consiste in una strategia di intervento formativo il cui obiettivo principale è la presa di coscienza, attraverso la sperimentazione attiva, dei processi di elaborazione della conoscenza e del rapporto ricorsivo che si instaura con essi. Ogni colore è riferito poi alle 4 componenti del pensiero Epico descritte in precedenza: la sfida è rappresentata da carte su toni bianco e nero, la ricerca da carte di tonalità beige/sabbia, il viaggio da gradazioni di colore azzurro/blu, e la passione dal colore rosso. Esaminiamo un po’ più da vicino i 4 gruppi di carte.
Gruppo 1: la sfida (cosa ci può spingere a essere fieri di noi stessi)
Tutti i racconti epici della storia narrano le gesta di un eroe a cui viene “imposta”, attraverso una chiamata all’azione, una sfida che deve saper affrontare e superare: le lotte, le battaglie, le prove, le gioie e i dolori, le disfatte e le vittorie che forniranno la punteggiatura a questa sfida costituiscono di fatto il corpo centrale della narrazione epica. La sfida non è mai presentata come insormontabile; anche se appare difficile, pericolosa, faticosa, complessa, imprevedibile, anche se non mancheranno momenti di sconforto, l’eroe epico è intimamente convinto di essere in grado di superarla. Il Pensiero Epico è “consapevole” che ogni sfida rappresenta un’occasione per apprendere da nuove esperienze, per maturare e crescere. Parafrasando una celebre frase di Winston Churcill (il pensiero tragico vede difficoltà in ogni opportunità) potremmo sostenere che il pensiero epico intravede opportunità in ogni difficoltà. Le carte di questo raggruppamento, caratterizzate da tinte prevalentemente bianco-nere, propongono all’interpretazione di chi le usa delle immagini con protagonisti, oggetti e strumenti che evocano alcune delle sfide, difficoltà e contesti tipici delle epopee classiche: l’elmo di una corazza, il vello di un’animale – come ne Le Argonautiche, poema epico realizzato da Apollonio Rodio nel III sec. a.c. -, il fango di un lungo cammino, ecc.
Gruppo 2: la ricerca (cercare instancabilmente il possibile e l’impossibile in ogni situazione)
Il Pensiero Epico non si accontenta dei saperi costituiti, non dà mai nulla per scontato, ma è spinto da un’insaziabile desiderio di ogni aspetto, ogni evento, ogni relazione che anima il procedere di una data “realtà”. Il Pensiero Epico è quello tipico del bambino, che non si stanca mai di giocare con i “perché” di ogni cosa, anche quando i suoi interrogativi fanno sorridere o sembrano assurdi. La ricerca epica non si lascia contenere in un solo ambito e non esita a “trasgredire” le frontiere disciplinari dei saperi formalizzati per andare a indagare là dove i campi del conoscere sono ancora incolti. Essa favorisce l’integrazione tra ricerca scientifica, ricerca letteraria, ricerca artistica, ricerca storico-critica e ricerca spirituale, senza preoccuparsi di “ortodossie metodologiche”, nell’intima convinzione che per promuovere e contribuire al progresso della conoscenza è necessario liberarsi, epicamente, da ogni costrizione teorica così come da ogni timore di errori o “impertinenze”. La ricerca costituisce un processo senza fine per capire, interpretare la nostra vita e darle senso. Credere nella “ricerca”, essere costantemente in ricerca, come der suchende (colui che sempre ricerca) di Hermann Hesse. È una ricerca capace di porsi, in modo autentico, la più epica di tutte le domande, che tutti prima o poi dovremmo porci: perché ciò è avvenuto proprio in questo modo, allora sarebbe potuto succedere in mille altri modi diversi? Le carte di questa “serie” – caratterizzate da tinte prevalentemente color sabbia – propongono all’interpretazione di chi le usa, delle immagini che possono evocare il “ricercare” esterno e/o interno a noi, i suoi tempi, le sue difficoltà, i suoi vissuti: una vecchia catena, delle candele ardenti, dei patterns geometrici, dei rilievi geografici, dei colori in movimento, ecc.
Gruppo 3: il viaggio (partire per scoprire paesi, e per trovare poi il “continente” di noi stessi)
In ogni racconto epico è sempre ben presente una qualche forma di viaggio per varcare la soglia dal “mondo ordinario a quello straordinario” e ristabilire l’equilibrio, che l’eroe deve intraprendere, nella realtà concreta così come nel suo intimo pensiero. Nel corso del viaggio, metaforico e non, l’eroe epico affronta anche eventi inaspettati che generano un conflitto. Spassosissima ed esemplificativa, a riguardo, la scena iniziale di Rango, lungometraggio animato del 2009 diretto da Gore Verbinski. Ulisse, Enea, Gilgamesh, i Cavalieri della Tavola Rotonda: tutti hanno dovuto confrontarsi con le imprevedibilità e i pericoli di un imponente viaggio. E il viaggio è da sempre, in tutte le culture, una metafora evocativa del conoscere il mondo, se stessi e gli altri. Per essere realmente epico, un viaggio, anche quando viene effettuato in compagnia con altri compagni-viaggiatori, anche quando si presenta ricco di avventure e imprevisti, deve saper comprendere dei momenti riservati in particolar modo alla riflessione personale, intima e privata, in modo da poter costituire un’occasione di apprendimento e di crescita, di trasformazione: esemplare è il percorso di Frodo ne Il Signore degli Anelli, romanzo epico scritto da J.R.R. Tolkien tra il 1937 e il 1949. Da un certo punto di vista, ogni viaggio può essere inteso come un’avventura solitaria, perché sei solo tu, e tu solo, che sei responsabile del tuo percorso e puoi attribuire senso al viaggio che stai compiendo all’interno di una cornice-contesto sociale. Come ci ricorda Campbell (1990), “il vero viaggio consiste nella realizzazione di qualcosa che non è mai esistito prima sulla terra: la propria potenzialità!” Ogni viaggio è unico e irripetibile, così come unico e irripetibile è ognuno di noi. Soltanto quando nel nostro viaggiare avremo pienamente colto la nostra singolarità, allora potremo accedere al Pensiero Epico che ci rende in grado di coinvolgere in un progetto condiviso anche le altre persone. E poi il viaggio a cui stiamo facendo riferimento non è soltanto il viaggio “reale”: viaggio è anche metafora della vita, percorso (in)finito del conoscere in cui siamo tutti costantemente in viaggio! Le carte di questo gruppo – caratterizzate da tinte prevalentemente blu – propongono all’interpretazione di chi le usa, delle immagini che evocano paesaggi lontani, situazioni inusuali o esperienze di intima interiorità: profili di montagne, resti di antiche iscrizioni, dettagli di costruzioni un po’ misteriose, rifrazioni inattese, simboli di spiritualità orientali, ecc.
Gruppo 4: la passione (voler profondamente conoscere e perseguire desideri, progetti, esperienze condivise)
Il Pensiero Epico si declina in un sapere appassionato. Come potrebbe, d’altronde, affrontare sfide, avventurarsi in viaggi, perseguire ricerche, reali o metaforiche, senza essere animato da un’autentica passione di conoscere? Albert Einstein scriveva nella rivista Scientific American del 1950:
esiste una passione per la comprensione e la conoscenza proprio come esiste una passione per la musica; è una passione molto comune nei bambini, ma che poi la maggior parte degli adulti perde. Senza di essa non ci sarebbero né la matematica né le altre scienze.
Mezzo secolo prima, Sigmund Freud, parlava già di una pulsione di investigazione, concetto poi ripreso negli anni ’30 dalla psicanalista Mélanie Klein che lo ridefinì – ogni possibile categorizzazione rappresenta un processo che si ridefinisce costantemente attraverso approssimazioni successive – pulsione epistemofilica (interesse per la conoscenza). Più tardi Walter Bion, un altro psicanalista, lo identificò nella pulsione del conoscere. Quelle citate costituiscono tutte possibili interpretazioni di quella spinta passionale al conoscere a cui faceva riferimento Einstein e che, purtroppo, si spegne come una fiammella che non viene alimentata con il passare degli anni e le ferite della vita. La passione di conoscere che il Pensiero Epico esprime non si oppone al ragionamento; in analogia alle due modalità cognitive formalizzate da Jerome Bruner, pensiero paradigmatico e pensiero narrativo, sono differenti e complementari allo stesso tempo. La riflessione e il ragionamento teorico ci spingono a elaborare teorizzazioni originali, coraggiose e innovative, capaci di contribuire a far progredire i nostri “saperi appassionati”. Le carte di quest’ultima serie – caratterizzate da tinte prevalentemente rosse – propongono un’interpretazione di chi le usa, delle immagini particolarmente stimolanti che sollecitano il procedere curioso e piacevole delle nostre idee: cristallizzazioni luminose, preziosi drappeggi, sguardi profondi, profili, silhouettes appena accennate, ecc.
Attività esperienziale in team play
(circa 2h)
Le carte del Pensiero Epico possono essere utilizzate in ambienti molto diversi: in situazioni formali, come in un contesto scolastico, universitario o aziendale, ad esempio nell’ambito di percorsi di apprendimento o di attività didattiche finalizzate allo sviluppo personale, al counseling, al team building, al coaching, alla conduzione di focus group, ecc. Si può giocare con questo mazzo anche in contesti informali: in coppia, in famiglia, tra amici o tra colleghi.
Accortezze metodologiche
Nella scelta soggettiva di un’immagine non ha alcun senso parlare di scelta buona o cattiva, bella o brutta, migliore o peggiore di altre. Ogni scelta ha una sua peculiare coerenza con la persona che l’ha effettuata, perché è il risultato di una storia personale e del proprio bagaglio di vissuti esperienziali. Ogni scelta va quindi apprezzata e valorizzata per quella che è, senza mai permettersi di giudicarne la pertinenza, né tanto meno confrontarla con le scelte altrui. In queste attività non esiste una risposta “giusta” o “sbagliata”, giudicata dall’esterno: esiste solamente una risposta coerente per chi l’ha fornita e quindi sempre degna, in qualsiasi contesto, di ugual valore e rispetto. Ogni risposta, tuttavia, va sempre spiegata, esplicitata ed esplorata affinché tutti i partecipanti all’attività possano coglierne senso e coerenza interna.
N.B. Si suggerisce di non fornire troppi dettagli prima dell’inizio del gioco esperienziale con le carte (in questo caso non far riferimento in modo esplicito al Pensiero Epico), contribuisce a non influenzare i partecipanti da aspettative e “preconcetti” specifici che potrebbero limitare e condizionare la loro completa libertà di espressione. Il fatto che queste carte ruotano intorno al costrutto di pensiero Epico e le sue quattro componenti distintive, andrebbe svelato solo in seguito, come una “scoperta” che i giocatori avranno modo di fare nel corso dell’attività. L’obiettivo sovraordinato delle attività di seguito presentata è quello di offrire ai partecipanti un’occasione per conoscersi meglio dal punto di vista cognitivo e affettivo-relazionale, e per capire meglio come imparare a utilizzare e a valorizzare le caratteristiche personali che saranno evidenziate in queste esperienze al fine di migliorare l’ambito personale-professionale e le relazioni con gli altri.
Canovaccio attività (in piccoli gruppi o anche in coppia)
Fase 1
Si distribuiscono le carte su un tavolo, scoperte, in modo tale che le immagini rappresentate siano tutte ben visibili e non sovrapposte. Senza fare commenti sulle illustrazioni, si dà inizio al gioco dicendo:
“Ecco un insieme di carte su cui sono raffigurate diverse immagini che ci aiuteranno a capire meglio qual è il nostro modo di pensare e di comportarci di fronte al ‘menu’ eventi che la vita ci propone. Tutti noi abbiamo vissuto dei momenti impegnativi e, piccoli o grandi che siano, li possiamo aver ‘attraversati’ con diverse attitudini, ma cercate in questo frangente di ricordare in particolare quelli vissuti con coraggio e intraprendenza. Pensate a uno di questi momenti e poi guardate con attenzione queste immagini e scegliete quella che secondo voi meglio rappresenta il modo coraggioso di pensare e di agire che avete espresso in quell’occasione”.
Si lascia poi qualche minuto affinché ognuno possa effettuare la propria scelta individuale; dopo che tutti i partecipanti hanno scelto la “loro” carta, si avvia un primo giro di tavolo chiedendo a ogni persona di descrivere brevemente prima l’evento al quale ha pensato e poi condividere le ragioni che lo hanno condotto a scegliere proprio quell’immagine per rappresentare e dar forma al pensiero e al comportamento agito in quella specifica situazione. In seguito, si chiede a ogni partecipante di individuare una seconda immagine con la quale completare, precisare o “correggere il tiro” della prima carta; ognuno esplicita poi il significato e le ragioni di questa seconda opzione. Si chiede infine ai presenti di scegliere una terza immagine, che rappresenti gli ostacoli, i freni, le resistenze che crede di aver risentito nel suo pensiero e nel suo comportamento riguardo al vissuto esperienziale a cui ha fatto e riferimento e che potrebbero costituire quindi ulteriori spunti di riflessione. Ognuno potrà esprimere il senso e le ragioni di questa sua terza preferenza.
Fase 2
A questo spunto si “svela” il costrutto che fa da cornice alle carte: il Pensiero Epico. In modalità sintetica si propone un excursus sulle caratteristiche di questa attitudine mentale con un focus sulle sue quattro principali dimensioni descritte in precedenza: la sfida, la ricerca, il viaggio e la passione.
Fase 3
Si rivolge ora l’attenzione verso il futuro e si invitano le persone a scegliere una quarta immagine con cui rappresentare e rendere “vivo” ciò che pensano potrebbe fare ancora per migliorare e valorizzare il proprio pensare e agire epici nel proprio ambito personale, professionale, ecc. (dipende dal contesto di riferimento in cui si decide di utilizzare l’attività esperienziale). Un’ultima presa di parola permetterà a tutti di condividere con il gruppo le proprie riflessioni in merito, e al gruppo intero di maturare una più approfondita consapevolezza delle proprie potenzialità di pensare e di agire in modo epico. A questo punto dell’attività si può “ripartire” dalle riflessioni che sono emerse per proseguire la proposta esperienziale e proporre altri percorsi di domande orientati in direzione degli obiettivi specifici della situazione particolare che si sta esaminando.
La sorpresa finale (al termine del debriefing che chiude l’attività)
Avete notato per caso una sorta di “filo rosso” che lega i quattro gruppi di carte? Qual è? A parte le immagini prevalentemente rosse del quarto gruppo, in ogni altro gruppo di carte potete notare sempre almeno un piccolo accento di rosso! Questo perché un piccolo tocco di passione è sempre necessario in ognuna delle componenti del Pensiero Epico! Cercate di ritrovarlo! Vi auguriamo di passare dei momenti piacevoli nel continuare a scoprire le caratteristiche del vostro pensiero epico, che potrà diventare una preziosa risorsa per la vostra storia vita personale e lavorativa!
Le persone hanno bisogno di sentire e vivere storie! Concludo questa quinta ‘EpiStoria’ con un breve racconto sul potere pervasivo della narrazione: il lettore è come il sultano di Shahrazād (Quagliata, 2014, p. 214). La storia si riferisce a una scena estrapolata da Nella casa, film del 2012 diretto da François Ozon ispirato alla pièce teatrale Il ragazzo dell’ultimo banco, in cui il drammaturgo spagnolo Juan Mayorga esalta il potere affascinante e al tempo stesso manipolatorio della narrazione.
[…] nei locali di una scuola, Germain, professore di letteratura presso il liceo Flaubert, sta ragionando con Claude, un suo allievo talentuoso, su un elaborato da lui realizzato: nella struttura narrativa ideata dal ragazzo manca il conflitto, e Germain disegna sulla lavagna una specie di esemplificazione dello schema narrativo che ricorre nelle storie, cominciando a spiegare: ‘[…] un personaggio desidera qualche cosa, ma incontra degli ostacoli alla soddisfazione di questo desiderio. Sul suo cammino appaiono dei rivali, degli avversari. Ulisse vuole tornare a casa, ma il Ciclope vuole ucciderlo, le Sirene l’ipnotizzano, la maga Circe lo sequestra. […] la domanda che devi suscitare nella mente del lettore è: cosa succederà? Puoi fare un romanzo poliziesco, puoi fare un dramma shakespeariano, c’è una sola domanda che ti devi porre: come risolvo il problema di quello che succederà nella mia storia? Non dar tregua al lettore, dev’essere messo sotto pressione. Il lettore è come il sultano di Shahrazād: se mi fai annoiare io ti taglio la testa, ma offrigli una buona storia e il sultano ti donerà il suo cuore… il sultano come chiunque altro. La gente ha bisogno di sentire storie: la vita senza storie non vale niente’.
Fonti
Bruner J., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari 1997
Campbell J., L’eroe dai mille volti, Feltrinelli, Milano 1984
Il Pensiero Epico (carte), Donata Fabbri & Alberto Munari
Propp V., Morfologia della fiaba, Einaudi, Torino 2000
Quagliata A., I-Learning. Storie e riflessioni sulla relazione educativa, Armando Editore, Roma 2014
Rodari G., Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino 2013
Telfener U., Casadio L. (a cura di), Sistemica. Voci e percorsi nella complessità, Bollati Boringhieri, Torino 2003
Vogler C., Il viaggio dell’eroe, Dino Audino editore, Roma 1999
Denise Giannangeli, “Innsæi”, il potere dell’intuizione, Linkedin, 2019
Mario Cusmai, MTa® experiential learning facilitator, Teacher di Yoga della Risata® e LEGO® SERIOUS PLAY® facilitator, Dottore in Scienze dell’Educazione degli Adulti e Formazione Continua, appassionato di apprendimento esperienziale, giochi cooperativi, magia comica, di Cammini e trekking.