Eurekards: la magia delle carte creative
di Mario Cusmai @cous_cous8
Unlock Learning Through Play #6
DOC: Primo, innesti i circuiti del tempo. Questo ti dice dove stai andando. Questo ti dice dove sei e questo ti dice dov’eri. Registri il tempo di destinazione su questa tastiera. Diciamo che vuoi vedere la firma della dichiarazione d’indipendenza… o assistere alla nascita di Cristo. Ecco una data importante nella storia della scienza: 5 novembre 1955. Sì, certo, 5 novembre 1955! MARTY: Non capisco, ma che è successo? DOC: Fu il giorno in cui inventai il viaggio nel tempo. Me lo ricordo benissimo: stavo in piedi sul water attaccando un orologio, la porcellana era bagnata, sono scivolato e ho battuto la testa sul lavandino. Quando ho ripreso i sensi ho avuto una rivelazione… una visione… un’immagine scolpita nella mente. Un’immagine di questo. Questo rende possibile viaggiare nel tempo: il flusso canalizzatore. MARTY: Flusso canalizzatore?
Tempo, visione, immagini, invenzione, tutte suggestioni che ritroviamo, non solo metaforicamente, anche nella facilitazione degli spazi di apprendimento esperienziale, percorsi che ci possono condurre a scoperte inaspettate e sorprendenti allo stesso tempo.
Chissà se anche il Dottor Emmett Brown, lo scienziato ‘pazzo’ della trilogia di Ritorno al futuro, ha gridato Eureka! nel momento preciso in cui ha visualizzato l’invenzione per viaggiare nel tempo, scolpita in modo indelebile nella sua mente: il flusso canalizzatore.
Eureka!, cioè “ho trovato”, non è riconducibile ‘solo’ alle parole della canzone (Ho trovato! Ho trovato, ho trovato il vestito è un po’ antiquato…) messa in scena dai topini della Disney in Cenerentola, ma fa riferimento alla celebre espressione di Archimede di Siracusa.
Il bagno di Archimede
Terzo secolo avanti Cristo. Come ci racconta Vitruvio nel suo “De architectura”, il tiranno di Siracusa, Gerone, commissiona a un abile orafo una corona d’oro. Quando l’orafo gli presenta il lavoro finito, splendido, Gerone nutre il sospetto di essere stato ingannato. L’ha pagata come se fosse d’oro puro, ma crede che l’orafo l’abbia realizzata con una lega d’oro e d’argento, meno preziosa. Appesantito da questo dubbio, va a chiedere consiglio ad Archimede, sommo scienziato, su come svelare l’imbroglio senza dover fondere la corona. Archimede pensa molto, ma invano. Finché un giorno, entrando nella sua vasca da bagno, ha l’illuminazione folgorante: un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato.
Archimede prese un lingotto d’oro puro dello stesso peso della corona: posti su una bilancia con due piatti, il risultato era un equilibrio perfetto. Ma immergendo in acqua la bilancia con lingotto e corona, il piatto di questa si sollevava: l’argento è più leggero dell’oro, e a parità di peso ha un volume maggiore, e quindi sposta più acqua, e quindi riceve una spinta verso l’alto maggiore dell’oro puro.
Tanta fu la sua irrefrenabile gioia di aver finalmente trovato il bandolo della matassa, grazie a quel processo che oggi potremmo identificare in un insight, che corse repentinamente in strada, completamente nudo, gridando “eureka, eureka”.
Archimede ci ha dimostrato che l’ingegno ha bisogno di una mente pronta a scorgere particolari che altrimenti sfuggono, a visualizzare i dettagli delle immagini interne che costruiamo. Visualizzazioni che possono essere supportate anche grazie all’utilizzo di strumenti per un ‘gioco euristico’, per facilitare il viaggio verso l’invenzione, come nel caso del mazzo di carte creative che incanalano, fin dal nome, l’energia della magica espressione dello scienziato di Siracusa: Eurekards!
Buon sesto episodio… anzi, buona ‘EpiStoria’!
Una (ruota) panoramica sulla Eurekards
Durante l’applicazione delle diverse tecniche creative, Hubert Jaoui, pioniere e guru della creatività applicata, aveva bisogno di valorizzare il linguaggio non verbale e quindi di lavorare con delle immagini, con delle fotografie, con dei disegni, con delle pubblicità, con delle pitture, ecc. per mettere a frutto il ricchissimo materiale dell’inconscio individuale e collettivo dei giocatori partecipanti alle sessioni di creatività. Il mazzo di carte creative affonda le sue radici nei racconti di fiabe di varia natura che popolano l’inconscio della mente.
Gianni Rodari in Grammatica della Fantasia aveva già pensato a delle carte da gioco sperimentali derivanti dalle funzioni base dell’immaginario, contenute in Morfologia della Fiaba di Vladimir Propp e le aveva utilizzate con successo come innesco per la fantasia delle persone. Da qui il passo è stato breve per la creazione di un vero e proprio mazzo di “Carte Creative”.
Si tratta di un mazzo composto da 54 carte da gioco analogo a quello francese, ma di grande formato perché possano essere viste pienamente da tutti nel corso di attività di facilitazione e di team playing. I semi sono organizzati come segue:
- Cuori ♡: le funzioni della Fiaba
- Quadri ◇: simboli animali
- Fiori ♧: simboli metamorfici
- Picche ♤: simboli umani e naturali.
Ovviamente ci sono anche i due Jolly che ‘raffigurano’ il grido di Archimede e pertanto sono simbolicamente rappresentati come Eurekards. Le carte creative favoriscono il viaggio verso l’invenzione e la scoperta, facilitando l’ingresso nel territorio dell’inconscio e nelle zone recondite del nostro pensiero.
Per andare a scoprire più da vicino le Eurekards e immergerci negli abissi del percorso di invenzione intriso di elementi archetipici, abbiamo incontrato e intervistato Gaetano Fasano, co-creatore della nuova edizione del mazzo di carte creative. Gaetano ci ha regalato una narrazione avvincente su alcuni aspetti distintivi e aneddoti poco conosciuti: la genesi delle carte, il rischio nella trasformazione che il viaggio verso l’invenzione comporta e alcune applicazioni dello strumento euristico (e giocoso) a livello personale e professionale… ‘ascoltiamo’ il suo racconto.
Genesi delle Eurekards…
La prima versione delle Eurekards è nata nel 1986 a opera di Hubert Jaoui e Nicola Piepoli. Quando ho conosciuto Hubert nel 2001, ci siamo progressivamente resi conto che i disegni sulle carte, pur molto suggestivi, erano anche particolarmente forti, intensi e la richiesta di acquisto e uso delle carte, oltre che dai contesti aziendali, veniva in larga parte anche da professionisti operanti in ambito ‘psicologico’. Inoltre, i mazzi erano terminati per cui si doveva procedere a pubblicarli nuovamente. Con Hubert e Isabella dell’Aquila, abbiamo quindi ragionato sulla possibilità di allestire una seconda edizione rinnovata, attraverso sessioni di creatività, cercando di giungere a una comprensione condivisa su quali potessero essere le esigenze da esplorare e far emergere per le nuove carte.
Abbiamo mantenuto la stessa impostazione dei semi riportati sulle carte precedenti (viaggio dell’eroe, funzioni della fiaba, caratteristiche animali, ecc.), provando, allo stesso tempo, a riattualizzarle: a ogni singola carta è stato dedicato un tempo significativo per capire quale immagine ci andasse sopra. Nelle nuove carte troviamo il personaggio che identifica l’eroe (Asso di Cuori) e il cuore sintetizza il processo del viaggio dell’eroe: un percorso emozionale, forte e profondo dentro se stessi, realizzato attraverso un viaggio esterno.
Le prove che si devono sostenere incarnano la funzione di trasformazione della persona; grazie a una rilettura della logica della fiaba, siamo entrati maggiormente nell’attribuzione di senso della persona. L’aspetto degli archetipi resta comunque invariato e, in effetti, il viaggio dell’eroe è costellato di archetipi presenti, inoltre, in tutti e quattro i semi che compongono questo raffinato mazzo di carte ‘francesi’ in formato ‘gigante’. Se il seme dei cuori si sostanzia nel percorso emozionale del viaggio dell’eroe, con i quadri entrano in scena le caratteristiche umane attraverso gli animali; questi ultimi rappresentano una componente significativa dell’essere umano e i comportamenti degli animali costituiscono modalità operative e relazionali che gli uomini hanno pari pari trasposto secondo quelle che possono essere le ‘lenti interpretative’ di riferimento: la formica raccoglie e mette da parte, gli elefanti tendono a ricordare, i delfini all’empatia.
Si tratta, quindi, di caratteristiche umane che si recuperano attraverso il punto di vista di un altro essere senziente: le persone, quindi, quando scelgono una carta che raffigura un animale, facilmente si riconoscono in loro.
Nella realizzazione delle nuove carte, in particolare, ebbi l’incarico di scegliere i singoli disegni, creati da un’artista scelta da Jaoui e Dell’Aquila che aveva lavorato sulla base delle loro indicazioni; opzione effettuata (la selezione delle immagini) ragionando su quello che ogni carta (il disegno) poteva darmi in termini di significato: dal disegno al significato e non il contrario (da quello che deve significare al disegno).
Le Eurekards conservano la struttura di un mazzo di carte francese (52 carte organizzate in quattro semi e due jolly), utilizzato anche per giochi d’azzardo. Partendo dalla radice etimologica, dall’arabo az-zahr (dado) e attraverso il francese hasard, (rischio), si arriva al termine azzardo. Anche le narrazioni costruite attraverso le immagini, metaforicamente, possono essere interpretate come gioco d’azzardo o un gioco che azzarda? Per il ‘semplice’ motivo che il percorso verso l’invenzione può comportare dei rischi, perché il viaggio dell’eroe è trasformativo…
Partiamo dalle due carte jolly che, in qualche modo, sintetizzano il senso della scoperta e del processo di trasformazione; quelle della versione precedente erano molto più concentrate sulla parola Eureka (ho trovato e ‘punto’ senza nessun altro tipo di aggiunta), e le persone, quando ‘usciva’ fuori dal mazzo un jolly, non avevano molti elementi aggiuntivi dal punto di vista del significato da attribuire.
Ora, invece, sono dei disegni veri e propri: una carta che assume un significato (non solo ho trovato) nell’esplosione di colori che danno conto di un cambiamento, di un processo generativo. Inoltre, l’espressione Eureka, le cui lettere sono disposte circolarmente nello spazio della carta, può essere letta sia in modo orario che antiorario, come se la circolarità spaziale si traducesse in un tempo palindromo, attraversabile in ambo i versi. Prendiamolo questo rischio nel viaggio inventivo, entrando nei caldi colori delle carte jolly, una sorta di gioco (fuoco) di artificio.
Il rischio, inoltre, può essere ricollegato al bias distorcente che riguarda la creatività e la paura dell’abbandono del percorso non creativo; quando realizziamo percorsi di creatività applicata in contesti professionali (e non solo), poi non è detto che, anche se accolti con entusiasmo, quell’euforia determinata dall’aver trovato soluzioni concrete favorisca la messa in pratica naturale delle stesse. Per ‘innestare’ la permanenza della creatività in comportamenti spontanei, dovrebbe verificarsi un processo di profonda trasformazione per cui dal riflesso condizionato, si passa all’intelligenza razionale, per arrivare infine al ‘creaflex’: il riflesso condizionato creativo, proprio perché emerge come risposta naturale per la risoluzione di una situazione problematica.
Il creaflex si declina in 3 principi:
- per ogni problema ci sono almeno 2 soluzioni
- ”What’s Good About it?” (Sidney Shore). C’è sempre qualcosa di buono anche in quello che va storto
- l’applicazione della tecnica dell’avvocato dell’angelo
Se realizzi un intervento di formazione e facilitazione occasionale attraverso sessioni di creatività, quindi non è per niente detto che la creatività diventi una pratica ‘routinaria’; arrivi alla soluzione creativa e potresti tornare indietro a quella razionale: bisognerebbe fare un salto successivo e adottare il riflesso creativo. Questo salto richiede un impegno significativo, perché prevede la trasformazione e abbandonare parti del sé è davvero complesso: la tendenza è quella di andarci per poi tornare indietro.
Il rischio, quindi, sta in ambo le direzioni, come in entrambi i versi di lettura della parola Eureka nelle carte jolly: il rischio anche nell’applicazione della creatività, non solo nel tornare a ritroso e fare dei passi indietro.
Applicazioni personali e professionali con le carte Eurekards…
Le carte si prestano a molteplici utilizzi nei contesti e con gli obiettivi più disparati: i limiti d’uso corrispondono, eventualmente, ai limiti della nostra fantasia creativa. Le carte corrispondono a degli spunti, a degli indizi che ci permettono di andare in varie direzioni; dalla creatività applicata, fino a suggestioni per riflettere su se stessi e far emergere le parole che spesso facciamo fatica a trovare. Si possono individuare modalità d’uso che le mettono in relazione con altri strumenti euristici; ad esempio percorsi che combinano le Eurekards con le mappe mentali. Al posto della parola al centro si posiziona una carta, oppure si può utilizzare la carta per spiegare un concetto – amicizia – e la carta si trasforma in un collegamento da cui parte un altro ramo della mappa.
A livello di attività finalizzate allo sviluppo personale e della relazione (ad esempio amici, colleghi, ecc.), ho praticato con le Eurekards un’esperienza significativa per comunicare con la mia compagna. Io e lei non ci dicevamo quello che pensavamo, ma ce lo raccontavamo utilizzando la carta; ciascuno vedeva la carta che l’altro aveva messo davanti (l’interpretazione era personale) e rispondeva con un’altra carta a quella). Entrambi avevamo costruito un dialogo dentro la nostra testa e si terminava quando ognuno credeva di aver detto tutto e l’altro pensava di aver capito tutto. Questo modo di utilizzare la carta faceva si che ci si comprendesse, non si alterava mai la discussione e non interveniva un elemento emozionale tale da annullare il processo. In seguito, entrambi raccontavamo cosa avevamo detto e compreso da ciascuna carta “giocata”. I racconti erano chiaramente differenti, ma erano proprio quelle differenze, finalmente raccontate e ascoltate per intero, ad arricchirci e unirci maggiormente.
Per ciò che riguarda l’uso professionale, abbiamo la funzione principe della presentazione (non solo di se stessi, ma anche del rapporto con qualche cosa, ad esempio il rapporto con il mio lavoro). Questa strategia, la connessione precede il contenuto, fa aprire e avvicina gli individui, la comunicazione diventa calda e le persone lo sentono; va oltre il paraverbale e il non verbale e la comunicazione fa scorrere una scarica energetica che corrisponde al proprio stato d’animo: quando attraverso la carta uno riesce ad ammorbidirsi e ad esprimere il proprio stato d’animo, raccontandosi anche in maniera metaforica, in questo modo si sta avvicinando agli altri. Poi possiamo anche far raccontare alle persone ‘cose’, pensando di non raccontare se stessi… “questa carta non mi rappresenta, ma in realtà stanno dicendo che li rappresenta”
Un’attività molto potente, da realizzare in modalità condivisa, consiste nel viaggio dell’eroe recuperato attraverso il viaggio dell’azienda. Si individuano nel mazzo 5 carte che corrispondono agli elementi che seguono:
- chi sei
- cosa vuoi fare (obiettivo)
- ostacoli
- risorse
- chi ti potrebbe aiutare
Attraverso le carte, questa forma di corporate storytelling, ti consente di andare a vedere oltre quello che pensi siano le risorse aziendali.
Indubbiamente, è evidente la relazione tra gioco ed Eurekards; si può ideare e raccontare una storia anche con i bambini. Attraverso le carta, progressivamente, arricchiscono il racconto individuando, nel tempo, sempre più dettagli presenti nelle immagini e si affinano le loro abilità di osservazione analitica: entra in campo il gioco trasformativo della narrazione.
Un’ultima esperienza che ricordo con grande piacere, si è svolta qualche anno fa a Capena, per il recupero del centro storico. Ho organizzato due gruppi composti da 20-25 persone e, senza parlare (con l’ausilio di due mazzi), proposi loro di realizzare su lunghi rotoli di carta, un percorso narrativo combinando disegni ed Eurekards tra loro. Un’attività fortemente ingaggiante, motivante ed emotivamente coinvolgente!
Se dovessi esprimere eventuali criticità e punti di forza del mazzo creativo, direi che…
limite: dosarne l’utilizzo all’interno dello stesso percorso, perchè le persone potrebbero stancarsi.
grande vantaggio: le dimensioni maggiori rispetto a un mazzo di carte standard.
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Dopo questo avvincente racconto che Gaetano ha condiviso con noi, ricco di dettagli e sfumature creative sulle Eurekards, riporto una proposta di attività esperienziale realizzata per anni in contesti universitari e di formazione professionale. Abbiamo giocato in tante occasioni con le Eurekards per l’invenzione di intrecci narrativi sfidanti: con l’ausilio delle carte non solo si raccontano storie (storytelling), ma si costruiscono apprendimenti attraverso le storie (storylearning).
Proposta di gioco: Le carte “CantaStorie”
Articolazione dell’attività esperienziale
Durata: 1h e 30’ circa
Obiettivo: costruire in modalità condivisa una storia finalizzata a valorizzare gli elementi che caratterizzano un processo significativo di team working, individuando una struttura che connette i possibili elementi narrativi sollecitati dalle carte selezionate.
Fasi operative:
- ogni componente del gruppo pesca dal mazzo 1 carta
- dopo aver pescato le carte, il gruppo individua, attraverso un processo di negoziazione, i possibili significati condivisi che le immagini evocano
- il gruppo elabora un filo narrativo per mettere in relazione gli elementi della storia (ogni carta può suggerire un’idea-trampolino per la co-costruzione del racconto … non è necessario utilizzare tutte le carte disponibili)
- il gruppo dà un titolo alla storia inventata e ne descrive gli elementi principali in formato cartaceo o digitale (breve sceneggiatura).
Al termine dell’attività ogni gruppo (circa 5’) presenta la storia realizzata, illustrando l’esito del lavoro condiviso (tutti i componenti del gruppo prendono la parola).
Percorsi esplorativi con immagini evocative che arricchiscono le esperienze di sviluppo personale e professionale. Immagini che possono essere costruite e trasformarsi in preziosi artefatti per orientarsi, come nel caso dei navigatori polinesiani: erano in grado di utilizzare una ‘bussola’ di riferimento grazie agli “stick charts”, chiamati anche mattang, e venivano a conoscenza dell’esistenza di un’isola vedendo la sua ombra riflessa sulle nuvole.
Un viaggio d’esplorazione non si esauriva con l’individuazione di un luogo adatto all’insediamento. Era anche necessario registrare e memorizzare tutte le notizie raccolte, in modo che anche altri potessero raggiungere le isole di nuova scoperta. Per far questo i Polinesiani – che non conoscevano la scrittura e non disegnavano mappe – utilizzavano i mattang e con le costole delle palme, realizzavano un traliccio che faceva da supporto per disegnare la mappa. Sul traliccio fissavano altre costole, in genere oblique, che rappresentavano le correnti principali e i venti e legavano al traliccio conchiglie o pezzi di corallo per indicare dove, rispetto alle correnti, erano ubicate le isole. Un mattang poteva essere via via aggiornato in seguito a esplorazioni successive. Con i mattang, i Polinesiani riuscivano a darsi un’immagine realistica del loro mondo, molto simile alle nostre carte geografiche.
I navigatori Polinesiani creavano una profonda connessione con il contesto, un’immersiva ecologia delle relazioni; connettersi maggiormente con le coscienze di ognuno porterebbe a unire le persone. Quello che oggi si è perso è il senso della condivisione, un collante, un principio di adesione, partecipazione a idee ed emozioni altrui: una desolante progressiva disconnessione.
Le immagini della realtà che costruiamo dipendono dalle premesse epistemologiche che regolano l’agire e la decodifica del mondo da parte dei singoli soggetti. Le scelte metodologiche, i codici comunicativi costituiscono le premesse sia implicite che esplicite connesse alla cultura di appartenenza, quindi ai modelli stessi del fare scienza. Le nostre rappresentazioni mentali, le nostre descrizioni, i nostri resoconti della realtà non sono la realtà… la mappa non è il territorio (Alfred Korzybski).
Fonti
Jaoui H., Dell’Aquila I., L’intelligenza creativa, Edizioni La Meridiana, Bari 2008
creativa, Edizioni La Meridiana, Bari 2008
https://anjaqantina.jimdofree.com/ritorno-al-futuro/
https://www.canzonidisney.it/canzoni/cenerella
https://fantascienzaitalia.com/5-novembre-1955-doc-concepisce-il-flusso-canalizzatore/
http://innovazione3c.blogspot.com/2009/11/il-creaflex-o-riflesso-creativo.html?view=sidebar
https://www.istitutopiepoli.it/prodotto/le-carte-creative-eureka/
https://it.scribd.com/document/428477509/Eurekards-Istruzioni-Per-l-Uso
https://it.wikipedia.org/wiki/Emmett_Brown
https://it.wikipedia.org/wiki/Eureka_(parola)
http://lavorincorso-museoscienza.blogspot.com/2015/01/onde-come-tracce.html
https://playfactory.it/rodari-e-il-gioco-fantastico-della-narrazione-vi/
https://www.treccani.it/vocabolario/eureka1
http://www.umbertosantucci.it/atlante/le-carte-creative/
https://unaparolaalgiorno.it/significato/eureka
Mario Cusmai, MTa® experiential learning facilitator, Teacher di Yoga della Risata® e LEGO® SERIOUS PLAY® facilitator, Dottore in Scienze dell’Educazione degli Adulti e Formazione Continua, appassionato di apprendimento esperienziale, giochi cooperativi, magia comica, di Cammini e trekking.